La capacità di diventare uno dei membri di una coppia matura fa parte di un processo di sviluppo psichico che inizia fin dalla nascita. A ben vedere inizia molto prima, poiché un membro della prima coppia di cui facciamo parte esiste prima del nostro stesso concepimento, così come le sue rappresentazioni di coppie interne. Ma esiste già anche la prima coppia di cui facciamo esperienza come alterità, come terzo di una triade, se tutto procede in senso evolutivo. È infatti all’interno di quella famiglia, delle sue vicissitudini e della sua storia, che si costruirà la nostra possibilità di diventare membro di una coppia coniugale e/o genitoriale in futuro, e a determinare quale tipo di coppia saremo in grado di creare.
La natura dei legami che siamo portati a ricercare e a stringere è infatti determinata dalle esperienze precoci del nostro sviluppo psichico e dalla possibilità che esse ci hanno dato di essere capaci di elaborare i piccoli e i grandi traumi subiti all’interno di una relazione sicura. E la qualità dei legami che siamo in grado di creare è direttamente proporzionale alla maturità del nostro apparato psichico. Laddove il nostro sviluppo emotivo non ha potuto progredire, là andranno in crisi la nostra relazione di coppia coniugale e/o genitoriale e la nostra funzione genitoriale. Vale a dire che quelli che sono stati gli elementi cruciali del nostro cammino evolutivo come individui singoli ci metteranno in crisi quando li rivivremo nel cammino evolutivo della nostra coppia e dei nostri figli.
Tanto più si tratta di aspetti di noi di cui non abbiamo consapevolezza, dai quali ci difendiamo rigidamente e per i quali tendiamo a reagire in modo automatico, tanto più le difficoltà relazionali e le coppie che creiamo tendono a essere riedizioni o vere e proprie ripetizioni di quelle del passato. In qualità di terapeuti di coppia capita di domandarsi che tipo di coppia si ha di fronte, se i partner si sentano membri di una coppia adulta, che ha potuto proseguire nel suo cammino evolutivo, che ha fatto spazio all’alterità (diversità dell’altro), favorendo il confronto, l’espressione, la crescita, la reintroiezione degli aspetti scissi e proiettati uno sull’altro. A volte ciò che impedisce di entrare a far parte di una coppia adulta è il fatto che si è creata una coppia per ripetere una versione idealizzata della coppia mamma-bambino; altre volte è la difficoltà di abbandonare uno stadio precedente dello sviluppo psicosessuale, ad esempio l’adolescenza con la sua sensazione di onnipotenza e autonomia. Spesso si vedono coppie che cercano di creare un’unità perfetta perché sono spinti dalla convinzione che è così che deve essere una relazione di coppia. Oppure, al contrario, vediamo persone terrorizzate all’idea di impegnarsi in una coppia poiché perderanno la loro indipendenza, come se dovessero perdersi o consumarsi nella relazione di coppia.
Il cammino evolutivo di una coppia, così come quello di un bambino, può arrestarsi, può essere disarmonico al suo interno (un partner sta cercando di affrontare la successiva fase evolutiva della coppia e l’altro si oppone), può diventare patologico (ad es. può instaurarsi una relazione sadomasochistica), dare origine a sintomi nella coppia (ad es. il tradimento), può demandare a un figlio l’onere di manifestare il malessere, l’incapacità, che circola nella famiglia.
Non tutte le coppie riescono ad attraversare tutte le fasi evolutive della relazione; ognuna di esse risulta essere più complessa della precedente e rappresenta una trasformazione e un’integrazione di nuovi contenuti e aspetti dei membri della coppia e del funzionamento della coppia nello stadio precedentemente raggiunto.
Tenendo in considerazione tutto quanto detto sopra, è chiaro che ogni membro della coppia e ogni coppia attraverserà ogni fase in modo peculiare a seconda delle singole individualità implicate, delle strutture o organizzazioni di personalità dei soggetti coinvolti.
Idealmente si vorrebbe che i partners procedessero congiuntamente attraverso le stesse fasi evolutive; nella realtà si riscontra che la durata delle singole fasi è spesso asincrona, i partner si trovano a vivere fasi diverse, bloccati nel raggiungimento degli obbiettivi evolutivi previsti dallo stadio successivo o bloccati in una dinamica infantile di competizione con l’altro finalizzata ad affermare la priorità dei propri bisogni. La fonte primaria di conflitto nella coppia è determinata proprio dal mancato raggiungimento, da parte di uno o di entrambi i membri della coppia, dei compiti evolutivi necessari per procedere alla fase evolutiva successiva.
Solitamente una relazione inizia con un periodo di durata variabile, che idealmente non dovrebbe andare oltre i 6/9 mesi, che ricalcando la teoria delle fasi dello sviluppo della prima infanzia di Margaret Mahler è detta fase simbiotica. È la fase dell’innamoramento, della fusione con l’altro, che viene idealizzato e visto non tanto per quello che egli effettivamente è quanto per quello che noi vorremmo che fosse.
L’incontro con quella persona stimola inconsapevolmente il bisogno di soddisfacimento di desideri infantili che, con tutta la forza di cui sono capaci, premono affinché troviamo il soggetto in grado di appagarli.
È la fase in cui prevale l’attrazione fisica, la biochimica prende il sopravvento con lo scopo di garantire la sopravvivenza della specie. In questa fase nel nostro sistema nervoso si rilevano dosi massicce di Dopamina (piacere e gratificazione), Noradrenalina e Adrenalina (eccitazione ed euforia, ma anche ansia), Feniletilammina (accende il desiderio) e Ossitocina (favorisce l’attaccamento), gli stessi neurotrasmettitori secreti durante una dipendenza.
In questa fase il partner è visto come perfetto, magnifico, infallibile e ci si sente molto simile a lui. Si percepiscono solo le somiglianze e si diventa ciechi alle differenze. Si crede di aver trovato il partner giusto per sé. Ci si sente inspiegabilmente attratti, rapiti sessualmente ed emotivamente da quella persona. Si desidera condividere ogni istante con essa, si attribuisce più fiducia all’altro che a se stessi, a lui si delega il soddisfacimento di ogni nostro bisogno. Si prova la sensazione illusoria che la volontà dell’altro sia la nostra e che i rispettivi progetti di vita siano identici.
Lo scopo di questa fase è quella di stabilire un legame intenso che possa consentire di attraversare le successive fasi evolutive avendo esperienza di quella base sicura che, seppur ancora tutta da costruire, fa desiderare di non perderla.
Persone con un forte bisogno di dipendenza, che soffrono di angosce di separazione o abbandoniche, avranno difficoltà a lasciare questa fase per attraversare la successiva e cercheranno di creare una relazione simbiotica con il partner. Il quale o colluderà o sarà sadicizzato dai sintomi fatti dall’altro in risposta ai suoi tentativi di separazione e sarà sopraffatto dai suoi attacchi passivo-aggressivi e dai sensi di colpa da questo inoculati. Per alcune persone, infatti, l’esistenza di un Altro separato da sé è intollerabile e potrà tentare di forzare il partner ad adeguarsi al proprio punto di vista, avendo come risultato o un conflitto interminabile o un dominio e relativa sottomissione di stampo sadomasochistico.
Ma a meno che non si viva in una relazione fusionale, una relazione ci pone ogni giorno dinnanzi all’esistenza di un altro punto di vista, di un altro modo di esperire, il quale spesso non è neppure facile contattare emotivamente e da comprendere. Il confronto con l’alterità “modifica il nostro senso di essere quelli che siamo e no ci permette di essere quelli che eravamo. (…) Il fatto di non poter sapere in che modo il Sé cambi, non trattandosi di un cambiamento cosciente, ci aiuta a capire perché alcune persone vivano la prospettiva di una relazione come un terrificante passo verso l’ignoto” (Mary Morgan, in Interazioni n. 2-2016/44 pag. 55, Franco Angeli).
La coppia che ha un cammino evolutivo entra così nella fase della differenziazione, caratterizzata da un processo di separazione-individuazione, nella quale l’esame di realtà ci desta dal sogno dell’idealizzazione e fa emergere le differenze, l’alterità, i primi conflitti. Possono manifestarsi dei comportamenti difensivi per mantenere la simbiosi, come tentare di manipolare l’altro per cambiarlo, negare la rabbia, evitare il conflitto, fare propria la realtà dell’altro e il suo desiderio, al fine di impedire la differenziazione, la manifestazione e il riconoscimento reciproco delle rispettive alterità.
Questa fase ha lo scopo di creare un senso profondo di cooperazione e di intimità basato sulla sperimentazione della reciproca capacità di esprimere e accettare le singole individualità e le reciproche differenze, e di gestirle in modo costruttivo e soddisfacente per entrambi. Si sperimenta infatti il lutto della figura idealizzata che ci eravamo costruiti del partner, la sofferenza causata dallo scoprire i difetti e i lati negativi dell’altro, le sue debolezze. Se non si possiedono gli strumenti psichici per elaborare questo dolore depressivo, si può essere portati a reagire in modo aggressivo senza poter riconoscere l’origine interna della propria rabbia. Se una delle parti non è pronta ad affrontare questo cambiamento, lo vivrà come un deterioramento della relazione da parte dell’altro anziché come un normale processo evolutivo. Capita così che molte persone decidano di iniziare una nuova relazione per rivivere il sogno dell’innamoramento, convinti che questa volta andrà meglio.
Di fronte alla frustrazione entrano in campo le parti più primitive di noi stessi, quelle più profonde e inconsapevoli. A seconda della nostra storia, di come abbiamo potuto imparare a reagire, interpretare, elaborare il dolore e i contenuti della frustrazione nel nostro passato, affronteremo questa fase della coppia e daremo il nostro contributo, in senso evolutivo o no.
Una volta individuatisi all’interno della coppia, i due partner vanno alla ricerca della propria identità anche all’esterno della relazione. Nasce l’esigenza di ridefinirsi come individuo parte della coppia nel mondo esterno ad essa. Cresce l’esigenza di poter gratificare i propri bisogni e desideri non condivisi dal partner, svolgendo in autonomia delle attività. È facile comprendere che se la coppia ha raggiunto lo stadio della differenziazione, vivrà come arricchente e gratificante per le singole individualità e il benessere della coppia che i suoi membri abbiano la libertà di fare ciò che desiderano e li rende felici. La difficoltà è la gestione delle singole libertà. Idealmente si vorrebbe che la coppia riuscisse a raggiungere dei compromessi che salvaguardino il benessere delle singole individualità e quello della coppia. Questa possibilità è fortemente determinata da come i partner hanno vissuto la fase di sperimentazione del loro sviluppo infantile e da quanto sono riusciti a creare un buon attaccamento reciproco nelle fasi precedenti.
Le coppie che hanno potuto attraversare le prime tre fasi descritte in modo positivo, raggiungono la fase del riavvicinamento. Riscoprono il desiderio dell’altro e maturano la capacità di lasciarsi andare alla vulnerabilità e all’intimità. Si torna dall’altro con la voglia di impegnarsi costantemente a risolvere i problemi insieme, riconoscendosi indipendenti pur facendo e pensando insieme. Si è raggiunta la capacità di poter dare all’altro senza sentirsi in pericolo di venire deprivati di parti di sé.
In questa fase si scopre che i difetti dell’altro ci fanno sorridere, che si discute sui contenuti e non sulla persona; che si è certi che l’altro ci permetterà di essere ciò che siamo venendoci incontro per quanto possibile, che la coppia rappresenta una base sicura dentro noi stessi su cui possiamo fare affidamento.
È facile a questo punto comprendere perché l’inserimento di un terzo elemento nella coppia possa essere estremamente perturbante rispetto al processo evolutivo di una coppia, qualora avvenga prima del consolidamento dello stadio del riavvicinamento.
Attraverso un figlio, ognuno dei genitori, e la coppia da essi costituita, rivivono e riaffrontano ogni singola tappa evolutiva, dell’individuo e della coppia, andando incontro a delle crisi ogni qualvolta essi incapperanno in uno degli elementi cruciali della loro storia evolutiva. Se neanche in queste riedizioni sarà possibile affrontare queste crisi in senso evolutivo, potendo giovarsi della capacità creativa e del nutrimento emotivo che una coppia matura può assicurare, allora sarà in quelle fasi dello sviluppo psichico che il bambino subirà degli arresti evolutivi e, in funzione di essi, si organizzerà la sua mente, la sua capacità di pensare, di percepire, di discernere, di muoversi, di parlare, di imparare, di entrare in relazione, di essere parte di una coppia.
Per tutti i motivi su esposti, qualora un bambino produca sintomi psichici (disturbi del sonno, dell’alimentazione, del linguaggio, della socializzazione, del comportamento, dello sviluppo cognitivo, fobie, ossessioni, sintomi psicosomatici) occorre chiedere aiuto a uno specialista che aiuti tutti i membri i membri della famiglia a superare evolutivamente ciò che non solo colui che porta il sintomo non riesce a superare.
Dott.ssa Barbara Fantini